Danno biologico intermittente e perdita di chances di sopravvivenza

La possibilità di cumulo fra risarcimento del danno biologico intermittente e la perdita di chances di sopravvivenza

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La possibilità di cumulo fra risarcimento del danno biologico intermittente e la perdita di chances di sopravvivenza

Un percorso logico di diritto spesso ingiustamente non riconosciuto e trascurato.

Affrontiamo con il presente articolo una tematica molto controversa e complessa quale la cumulabilità del risarcimento per due voci di danno ontologicamente differenti fra loro, che tuttavia possono concorrere sulla medesima persona danneggiata in particolari circostanze, ovvero il danno biologico da sopravvivenza detto anche intermittente, e la perdita di chances da sopravvivenza.

In via preliminare, dobbiamo individuare e definire la loro esegesi e natura giuridica.

Il danno biologico intermittente si configura ogni volta che a seguito di un sinistro, inteso come fatto accidentale violento causato da un terzo responsabile, si concretizza una lesione fisica permanente sul danneggiato, che tuttavia decede prima della liquidazione del danno per cause diverse dal sinistro, quale ad esempio una grave malattia.

Tale danno prevede una modalità di calcolo e applicazioni di parametri che determinano una quantificazione dello stesso diversa dalla liquidazione del danno biologico di persona ancora in vita, atteso che verrà risarcito solo in relazione al periodo di sopravvivenza intercorso fra il sinistro e la morte.

Quanto sopra avviene facendo riferimento a una tabella dedicata per questa tipologia di danno, detta appunto le tabelle del danno biologico intermittente, e che nel concreto prevede la riduzione sensibile della entità economica del valore da risarcire per il danno subito, in quanto circoscritta al solo periodo in cui il soggetto ha patito e sofferto del danno permanente, importo che iure ereditatis verrà liquidato ai suoi eredi.

Si pensi al caso di persona investita da un’auto e che subisce una lesione fisica, ma che successivamente e prima della liquidazione del danno da parte della Compagnia di Assicurazione dell’auto investitrice deceda per esempio per una grave malattia: in tale caso il risarcimento del danno subito sarà proporzionato al solo periodo in cui ha vissuto, sentito e sopportato fino a che era ancora in vita.

La perdita di chances da sopravvivenza è invece voce di danno diversa per natura giuridica e casistica, che si configura tutte le volte che un determinato evento, quale per esempio un errato intervento medico sanitario, ovvero una altra concausa preesistente oppure concorrente, abbiano ridotto le possibilità di sopravvivenza di una persona, che per ragioni che nulla rilevano con un possibile illecito, rischiava in ogni caso di morire, quale per esempio una malattia grave.

Tale circostanza prevede il risarcimento del danno morale da lutto a favore dei congiunti del deceduto calcolato in proporzione ed in percentuali relative alle effettive possibilità di sopravvivere di cui il soggetto è stato privato, per esempio a causa dell’errato intervento dei sanitari.

Si pensi al caso di malato grave e soggetto ad elevato se non certo rischio di morte che si sottopone ad una operazione chirurgica che potrebbe avere delle possibilità di salvarlo, e che invece a causa di errore dei sanitari non ha un buon esito, privando il paziente poi deceduto di quelle possibilità di sopravvivere alla morte:

il relativo risarcimento del danno morale da lutto da riconoscere iure proprio ai suoi congiunti dovrà essere calcolato parametrandolo solo per la percentuale di possibilità di sopravvivenza di cui è stato illecitamente privato.

Venendo alla tematica oggetto di questo articolo, procediamo ad interrogarci in merito alla sostenibilità e possibilità di cumulare le due voci danno sopra descritte in determinati casi e specifiche circostanze, ove entrambe potrebbero soccorrere e gravare sul medesimo soggetto danneggiato in ultimo deceduto.

A tal fine procediamo in via preliminare a collegare storicamente e in modo conseguenziale i due esempi sopra esposti, invertendo tuttavia la prospettiva in termini di soggetto responsabile in relazione al danno da perdita di chances.

Ipotizziamo pertanto di analizzare il caso di persona malata grave potenzialmente mortale, investita da un’auto e che subisce delle lesioni permanenti a causa del sinistro, che tuttavia prima di essere risarcita del relativo danno si sottopone ad intervento chirurgico finalizzato al tentativo di salvarla, operazione che non ha buon esito conducendola alla morte anche perchè le sue condizioni fisiche indebolite e precarie a causa dell’investimento non gli hanno consentito di superare con successo il post operatorio.

In tale caso l’eventuale responsabilità del danno per perdita di chances di sopravvivenza non graverà certamente sui sanitari che hanno eseguito l’intervento, bensì sull’agente conducente che aveva causato il sinistro stradale, riducendo la possibilità del paziente di sopravvivere all’operazione proprio per la compromissione preesistente delle sue condizioni fisiche che aveva determinato investendolo.

Il caso sopra richiamato e descritto consente di prevedere pertanto, a favore dei congiunti ed eredi del deceduto, il cumulo in punto risarcimento fra le due diverse voci di danno descritte, cui la Compagnia di Assicurazione del veicolo investitore è tenuta: il danno biologico intermittente iure ereditatis per il periodo in cui è sopravvissuto dal sinistro all’intervento chirurgico, e la perdita di chances da sopravvivenza in punto danno morale da lutto iure proprio , calcolato in proporzione alla effettiva percentuale di riduzione di possibilità di sopravvivere indicata dal medico legale.

Evidenziamo tuttavia come l’assunto di cui sopra, che si rileva evidente e semplice da comprendere nella sua logica, è spesso soggetto da parte della Compagnia di Assicurazione, ovvero da parte dei soggetti responsabili in generale tenuti al risarcimento, a censura ed eccezioni, determinando la circostanza in cui spesso durante le trattative non intendono risarcire entrambi i danni.

Le motivazioni addotte a tale preclusione di cumulo risarcitorio delle due differenti voci di danno, consistono sostanzialmente in quanto parte della dottrina e interpretazione giuridica afferma, ovvero che il danno biologico stesso nella sua quantificazione, benchè fosse anche solo quello intermittente, assorbe già tutte le possibili conseguenze future della lesione permanente stessa subita, e che pertanto il successivo danno da perdita di chances non può gravare sul responsabile del primo evento che lo ha determinato.

Tale posizione, che in parte può trovare accoglienza e correttezza di sintesi nel caso in cui la grave patologia che ha portato alla esigenza dell’intervento chirurgico sia sorta in un momento successivo al sinistro stradale nell’esempio da noi sviluppato, non ha nessun fondamento nel caso in cui la malattia fosse già in corso ed in essere al momento dell’investimento.

Pertanto, pure consapevoli di come spesso gli interlocutori con cui si dialoga durante le trattative per il risarcimento non intendano ammettere in ogni caso il cumulo delle due voci di danno, riconoscendo l’infondatezza delle loro eccezioni,

è nostro dovere di patrocinatori nell’interesse delle famiglie che si assistono non consentire tale censura dei loro diritti, e non addivenire ad una transazione che non preveda il riconoscimento di entrambe le due voci di danno.

Al riguardo suggeriamo in tali casi di eccepire a nostra volta ai liquidatori delle Compagnie di Assicurazioni, che in astratto, qualora si volesse dare accoglienza a quanto affermano, e pertanto escludere il risarcimento anche della perdita di chances, dovremmo superare il concetto di danno biologico intermittente parametrato al solo periodo di sopravvivenza, e richiedere il risarcimento del danno permanente nell’interezza come se il soggetto fosse ancora in vita.

Pure consapevoli che quanto sopra è una forzatura giuridica, per esperienza professionale “sul campo”, possiamo affermare che in alcuni casi, il paventato rischio di vedersi richiedere liquidazione del danno biologico nella sua interezza, proprio motivandolo a seguito del diniego al risarcimento anche della perdita di chances, soprattutto nel caso di macro lesioni complesse e rilevanti, determina nella Compagnia di Assicurazione il venire a “miglior consiglio conciliativo”.

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