La personalizzazione del danno nel caso di lesioni gravi: profili di analisi di un approccio presuntivo
Una delle principali voci che compongono il danno non patrimoniale, come noto a tutti gli operatori nell’ambito della liquidazione sinistri, è rappresentato dalla “personalizzazione“.
La personalizzazione del danno consiste nella valorizzazione di tutte le incidenze e conseguenze che la lesione al bene salute determina nella vita quotidiana e nelle abitudini del danneggiato, ovvero le cosiddette ricadute dinamo-relazionali.
Nel concreto trattasi di nuova terminologia per definire in parte quello che nella storia della giurisprudenza in materia, dagli inizi degli anni duemila veniva definito quale danno esistenziale.
Si differenzia dal danno morale perchè non attiene ad una sofferenza interiore soggettiva direttamente discendente ed intrinseca alla lesione stessa, bensì si riferisce alla vita sociale, ludica, sportiva e a tutti gli interessi della vittima, che vengono modificati dalla lesione alla sfera della salute.

Si pensi ad un giovane uomo che a seguito di una subìta lesione che ha determinato una grave forma di zoppia non può più partecipare ad una attività fisico sportiva che sia amatoriale oppure agonistico tesserata,
oppure più semplicemente ad una ragazza che a seguito di una forma residuale cicatriziale, a prescindere da più specifiche considerazioni legate al danno estetico, non abbia più la serenità di frequentare amici e conoscenti in momenti ricreativi ovvero indossare il costume in contesti balneari.
Questa voce di danno necessita tuttavia, per essere valorizzata e riconosciuta, secondo giurisprudenza radicata nel tempo e cristallizzata in via prevalente, della prova di tali pregiudizi nella vita del danneggiato, a mezzo di testimonianze e prove documentali che dimostrino come alcune attività che venivano esercitate e praticate dal danneggiato, non rientrino più tra le abitudini e le consuetudini dello stesso proprio a causa della lesione subita.
La metodologia di calcolo e valorizzazione economica della personalizazione del danno prevede inoltre la possibilità, una volta provata e dimostrata quale presupposto necessario per qualsiasi entità e gravità di lesione subita, di aumentare in percentuale secondo quanto previsto dalle Tabelle del Tribunale di Milano, il valore del danno biologico.
Prescindendo nell’approfondimento odierno da considerazioni di merito in relazione a tali percentuali, e alla loro quantificazione e applicazione, vi è tuttavia da chiedersi secondo il nostro parere professionale, se è corretto ontologicamente, soprattutto nel caso di lesioni gravi, la stringente necessità della prova della stessa.
Procediamo ad una breve riflessione al riguardo quale stimolo di una costruttiva riflessione, che sia anche un pò controcorrente alla giurisprudenza prevalente.

Rileva infatti al comune percepire e al buon senso come sia inevitabile che una lesione importante alla sfera del bene salute, non consenta più al danneggiato, a prescindere dalle specificità di ognuno, di condurre la vita precedente.
Vi è pertanto da chiedersi per quale ragione, di fronte naturalmente a lesioni particolarmente invasive, sia necessario dare prova per testimoni di abitudini cambiate, di un tesseramento ad una attività sportiva non rinnovato, della dismissione di oggetti e beni precedentemente dedicati ad una specifica attività ludico ricreativa.
Non si comprende infatti in forza di quale presunzione l’interruzione di alcune attività, sportive ovvero ludico ricreative che fossero, rappresenti qualora provata motivo di personalizzazione del danno, diversamente da un soggetto che non aderiva e non partecipava a nessuna attività specifica, il quale tuttavia vede in ogni caso la propria vita profondamente cambiata a seguito di una lesione grave.
Si pensi ad un soggetto che conduceva una vita che viene comunemente, e non in senso dispregiativo, definita “ordinaria”, caratterizzata da abitudini semplici quale il lavoro, adempiere alle comuni faccende del vivere quotidiano, senza aderire a nessuna attività sportiva, ludica ovvero sociale nello specifico, e domandiamoci per quale ragione il suo non potere neanche più andare a fare la spesa al supermercato, non debba essere valorizzata quale circostanza riconducibile alla personalizzazione del danno.
Il presupposto che solo specifiche attività particolari diverse dall’ordinario possano essere motivo di personalizzazione del danno non ha fondamento alcuno, rappresentando piuttosto una evidente disparità di trattamento.
Infatti proprio perchè si tratta di voce di danno riconducibile alla sfera personale, ogni azione dell’essere umano preclusa, anche la più semplice e comune, può essere intesa come ricaduta dinamico relazionale conseguente alla lesione del bene salute.
Al riguardo inoltre è bene fare attenzione di non cadere nella tentazione intellettuale di ricondurre quanto sopra ad una sorta di assorbimento da parte della previsione di liquidazione del danno morale, poichè quest’ultimo attiene esclusivamente alla sofferenza interiore soggettiva del danneggiato e non anche a quelle che erano le abitudini di vita, pure se basiche ed ordinarie.
Parimenti non sarebbe ammissibile una eccezione a quanto sopra evidenziato, che affermi che il valore economico del danno biologico stesso come previsto dalle tabelle assorbe i patimenti descritti nella loro caratteristica di ordinarietà di vita, poichè se si dovesse accettare tale assunto non si potrebbe in nessun caso distinguere la linea del displuvio fra apprezzamento economico del danno alla sfera organica, a quella morale e a quella esistenziale.
Pertanto, in via forzata e anche un pò pionieristica, ci sentiamo di censurare il principio di personalizzazione del danno liquidabile solo una volta provata e dimostrata anche nel caso di lesioni gravi e importanti, ritenendo al contrario che sarebbe più corretto e meno passibile di rischi di disparità di trattamento fra danneggiati, procedere nel caso di macrolesioni con un approccio ontologico contrario, che veda e riconosca come presunte le ricadute dinamico relazionali della lesione al bene salute nei casi gravi.
Al riguardo evidenziamo come in un certo senso un percorso analogo, il cui epilogo e sintesi di espressione si è avuto con la nota Cassazione del 2008 è già avvenuto in ambito di riconoscibilità del danno morale, che nella consuetudine giuresprudenziale attuale non è più soggetto ad oneri probatori da parte del creditore danneggiato, ritenuto sostanzialmente nel concreto presunto, ed essendo invece oggetto di valutazione per quanto riguarda non a sua sussistenza bensì esclusivamente la sua intensità.

Il DANNO FUTURO è una importante voce di danno patrimoniale legata alla richiesta di risarcmento da sinistro o incidente stradale con macrolesioni